E’ vero, forse gli abiti non saranno un bene primario come il cibo. Eppure tutti dobbiamo coprirci con degli indumenti. Inoltre, ciò che vestiamo è immediatamente visibile agli altri. Ecco perché possiamo essere testimoni di una scelta etica, oltre che estetica, anche nell’abbigliamento.

Non è irrilevante ciò che indossiamo. Né domandarci: “Chi ha fatto i nostri abiti? In quali condizioni ha lavorato?

Leggere le etichette dell'abbigliamento

In seguito al disastroso crollo di Rana Plaza in Bangladesh nel 2013 in cui sono morti oltre 1000 lavoratori impegnati nel settore della moda per grandi multinazionali, la campagna internazionale Fashion Revolution – nata nel 2014 – intende far chiarezza sui temi della sicurezza e della trasparenza nelle filiere tessili, fino al consumatore.

Ogni anno, la Fashion Revolution Week chiama a raccolta, in più di 60 Paesi del mondo, tutti coloro che vogliono creare un futuro etico e sostenibile per la moda, chiedendo maggiore attenzione rispetto a ciò che si nasconde dietro ai vestiti che indossiamo e dell’impatto globale della moda, seconda industria più inquinante al mondo dopo quella petrolifera.

La campagna quest’anno assume un significato ancor più rilevante a causa della pandemia di Coronavirus, che ha reso i lavoratori del mondo della moda ancora più fragili, sia dal punto di vista del salario che della salute: alcuni hanno continuato a lavorare senza alcuna garanzia di distanziamento o protezione; molti altri stanno perdendo il posto di lavoro già precario e non riusciranno a mantenere se stessi o le proprie famiglie, né ad accedere ai servizi di cura o a usufruire di sistemi di tutela o welfare .

L’obiettivo è divenuto duplice: ora più che mai è importante chiedere che ogni persona della catena produttiva venga tutelata nella salute ed equamente retribuita. Favorire un cambiamento positivo nella moda e dimostrare come un nuovo modello economico ed un consumo responsabile e sostenibile siano possibili, attraverso la valorizzazione di realtà che realizzano capi secondo una filiera etica, come avviene nel Commercio Equo e Solidale.

Per questo, come Angoli di Mondo, aderiamo all’iniziativa assieme ai tanti attori del Commercio Equo e Solidale (Il comunicato stampa ufficiale), aggiungendo al valore di filiere di produzione etiche anche l’approccio al riutilizzo e allo scambio dei capi. 

Indossare un capo usato non è solo attenzione all’ambiente e allo spreco di risorse, ma anche un messaggio chiaro e forte di dissenso verso la politica della fast-fashion che lede i diritti dei lavoratori e immette nel mercato prodotti con un altissimo impatto ambientale e di scarsa qualità, incentivando un consumo smodato.

Promuovere una produzione che garantisca prodotti di qualità e duraturi nel tempo, sicurezza e giusto salario per i lavoratori è il nostro impegno quotidiano da oltre trentacinque anni.